Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio

Editoriale

Io cattolico praticante vi spiego perché credo che i simboli religiosi non debbano essere esposti nei luoghi istituzionali.

No, non è paura. Non è timore e non è neanche una questione relativa alla “sensibilità religiosa” di tutti e ciascuno. È un principio.

Non si può avere paura della figura di un Uomo in Croce e una figura del genere non vedo come possa urtare la sensibilità di qualcuno: anche gli atei più incalliti sanno che Cristo è esistito e che un crocefisso può essere interpretato come una semplice immagine della Storia; chi professa altre religioni sa dell’esistenza di Cristo e della sua crocefissione, ritrovarsi un simbolo del genere in classe non obbliga a venerarlo.

Ma allora qual è il problema coi crocefissi nelle classi e negli uffici pubblici?

È una questione di principio, un principio laicamente sacrosanto che non può essere violato: la separazione dei poteri fra Stato e Chiesa.

Sebbene infatti Dante stesso, sin dai primi anni del 1300, ci parla dei “due Soli” nel De monarchia, trattando proprio della necessità di separare Impero e Papato, nella società moderna e contemporanea si fa fatica a metabolizzare questo concetto.

Non un simbolo di potere, ma di immobilismo

In questo mio editoriale ovviamente non affermo che il crocefisso sia un simbolo di potere imposto nelle nostre aule, dico con convinzione che un simbolo religioso, di qualsiasi fede o confessione, se ancora presente nei luoghi istituzionali è non più un simbolo religioso quanto il segno di una non completa evoluzione sociale, la quale ha il suo culmine con la totale laicità dello Stato e la totale rinuncia ai poteri temporali da parte delle istituzioni religiose.

Non parliamo di paura, ribadisco: che paura può fare un Crocifisso? Non parliamo neanche di timori, persino gli insegnamenti più strettamente collegati alla prime comunità cristiane sono di tipo socialista, e chi può temere una dottrina che insegna il rispetto e l’accoglienza verso gli stranieri, gli ultimi, gli umili, i poveri e quindi le classi più basse della società?

Chi difende la presenza di simboli religiosi nei luoghi delle istituzioni spesse volte porta avanti la tesi delle “radici culturali” e dell'”identità nazionale”, tutte tesi facilmente confutabili dalla Storia e che quindi ho deciso di non approfondire qui.

Ma il problema più grave, dal punto di vista di un cattolico, si registra quando un simbolo quale il crocefisso diventa motivo per manifestare il proprio bigottismo. È grave infatti credere che il potere della fede passi esclusivamente dai simboli religiosi: snatura il senso stesso della fede, il principio del “Credo anche se non vedo”.

E quindi vi lascio, cari lettori e care lettrici, con una domanda: è migliore quella società statale libera, laica e slegata o quella società incapace di separare il materiale dal metafisico, “religata” persino da innocui simboli?

Alessandro Finocchiaro, V B