Poesia e letteratura, che dire?

Chiamiamola un insieme di “righe che vanno troppo spesso a capo“, come fa Erri De Luca, o “una pittura cieca“, come Leonardo Da Vinci, ci riferiamo sempre a una cosa: la poesia.

Molti la immaginano come qualcosa di distante e la relegano alle ore di letteratura passate a scuola in gioventù, spesse volte ricordandola come fonte inesauribile di noia, tant’è che nel corso degli anni si è anche guadagnata la fama di essere un’arte inutile, fine a sé stessa e accessibile solo a intellettuali di alto livello.

La realtà dei fatti è diversa – nulla togliendo ai critici letterari e agli studiosi che svolgono lavori magistrali – la poesia è molto vicina a noi e noi molto vicini ad essa, nella medesima maniera di tutte le altre arti, che comunque appaiono più distanti dall’osservatore o dall’osservatrice di quanto non siano. “Alcune persone trovano uno sfogo nel disegno, altre ballando, altre ancora facendo sport, il mio sfogo emotivo è sempre stata la poesia. Scrivo poesie fin da piccola. Sono tratte dai racconti delle persone che mi circondano, dai loro modi di fare e dalle loro esperienze” dice Agata Di Prima, di II D.

Una voce giovane che vede nella letteratura la forma di espressione adatta ai suoi sentimenti e alle sue esperienze, al di là del canonico insegnamento scolastico di versi, rime e conteggi di enjambement, che anzi critica: “La letteratura sta diventando sempre meno vista di buon occhio e sono pochi gli studenti attratti da questa arte, secondo me la causa di tutto ciò è che non sempre si ha la fortuna di trovare insegnanti validi pronti a rispondere alla tue domande e a farti appassionare, quindi l’ora di letteratura diventa l’ora di noia o l’ora inutile che sfocia nelle troppe pagine da studiare a casa. Tuttavia la colpa non è solo dei professori ma anche nostra: noi stessi ragazzi dovremmo approcciarci a queste materie con meno pregiudizi e provare a studiarle sotto un punto di vista diverso, il cui fine non è l’interrogazione ma la curiosità e l’interesse“.

Fra alcuni giovani c’è anche chi crede fermamente che la poesia, così come la letteratura sia un’importante strumento per affrontare la vita di tutti i giorni in maniera autonoma, indipendente e cosciente, a conferma del fatto che l’arte, in particolare la scrittura, e quindi la lettura, dei versi, sia molto più vicina a noi di quanto crediamo. Queste sono le parole di Monica, una nostra coetanea liceale di quarto anno, che frequenta il liceo Ferraris di Varese (ha pubblicato con noi!): “C’è chi pensa che la letteratura e la poesia siano un modo per fuggire dalla realtà, per isolarsi da un mondo che si ritiene insoddisfacente e limitante per rinchiudersi nel proprio intimo. Io credo che la Letteratura, quella vera, sia esattamente l’opposto: ogni libro, opera, poesia, è la condensazione su carta di un’intera esistenza, in vista di un impegno attivo e attento nei confronti della vita stessa. Leggere, fare propria una poesia, sviscerarne le strofe, ci fornisce le armi più forti contro la peggiore delle schiavitù: quella del pensiero“.

Il fine della poesia quindi non è quello estetico, non solo, ma quello di aiutare gli uomini e le donne, giovani e meno giovani, a indagare le profondità del proprio animo e della propria essenza, a comprendere i propri sentimenti che, naturalmente, sono portati a provare e sperimentare.

A proposito di questo, Monica conclude dicendoci: “È in vista dell’amore sconfinato che prova per l’umanità, che l’autore, prima, e il lettore, poi, si affogano tra le pagine di un volume: chi dice che Leopardi fu un pessimista non ha capito nulla di Leopardi, chi vede in Dostoevskij un noioso mistico ha ben poca cognizione dei budelli annodati dell’animo umano, chi ritiene Lorca un romantico sognatore non coglie le autentiche ed infinite declinazioni dell’amore“.

Alessandro Finocchiaro VB