Joe Petrosino, storia del primo poliziotto martire della mafia

Davvero un obliato in patria?

Soprannominato “Joe”, fu pioniere nella lotta alla mafia, allora conosciuta come la “Mano Nera”.

VITA:

Nato il 30 agosto del 1860 a Padula (in provincia di Salerno), alla fine dell’Ottocento emigrò a Nova York con la famiglia. Figlio di un sarto, ebbe un’adeguata istruzione a “Little Italy”, il piccolo sobborgo americano in cui crebbe adattandosi a vari mestieri al fine di mantenere economicamente la famiglia.

Il suo grande obiettivo fu quello di combattere la mafia, la “Mano Nera”.

Nel 1883 fu arruolato nella Polizia di Nova York, nel 1905 fu il primo italo-americano a diventare luogotenente della Polizia e gli venne affidato il comando dell’Italian Legion, cioè un gruppo di agenti italiani (composti da cinque membri) a suo giudizio indispensabile per combattere la mafia.

Petrosino per primo capì che bisognava mappare la criminalità presente a Nova York. Raccolse dati, informazioni, immagini, coordinando operazioni e infiltrandosi tra gli italo-americani grazie alla sua capacità di camuffarsi. Le diverse piste investigative lo condussero in Italia, precisamente in Sicilia. La missione era segreta, ma qualcuno parlò e tutti i dettagli vennero pubblicati sul “New York Herold”. Nonostante ciò, Petrosino aveva la vana convinzione che la mafia non avrebbe mai potuto uccidere un rappresentante dello Stato, un poliziotto.

ASSASSINIO, MANDANTI ED ESECUTORI:

Nella notte del 12 marzo 1909, Joe Petrosino venne ucciso al centro di Piazza Marina, a Palermo, con quattro colpi di pistola. Fu il primo poliziotto italo-americano a essere ucciso. Un eroe di altri tempi da cui dobbiamo trarre ispirazione, per avere il coraggio di lottare.

Appena venuto a sapere dell’omicidio, il console statunitense di Palermo, telegrafando al proprio governo, scrisse: “Petrosino ucciso a revolverate nel centro della città questa sera. Gli assassini sconosciuti. Muore un martire” La prima ipotesi che venne fuori fu che Morello e Giuseppe Montana – scappati a Nova York dopo l’assoluzione per l’omicidio di Notarbatolo – si siano rivolti a Vito Cascio Ferro. Costui, però, aveva un alibi. Nel corso dell’Operazione Apocalisse, conclusasi nel giugno del 2014, Domenico Palazzotto disse: “Lo zio di mio padre si chiamava Paolo Palazzotto, ha fatto l’omicidio del primo poliziotto ucciso a Palermo. Lo ha ammazzato lui Joe Petrosino, per conto di Cascio Ferro“. Con questa ultima intercettazione sembra, invece, che Cascio Ferro sia stato il mandante, e non l’esecutore. Ad ogni modo, la sua colpevolezza sembra quasi certa.

MERITI:

  • Primo investigatore a scoprire e sfidare la criminalità italo-americana, la “Mano Nera”, e ad avere intuito i collegamenti tra mafia italo-americana e quella siciliana;
  • Primo ad avere creato la tecnica dei “sotto copertura”, per ricavare indizi instaurando un contatto diretto con i criminali per poi assicurarli alla Giustizia;
  • Primo a proporre l’idea di creare un gruppo antimafia, ossia un nucleo ristretto di investigatori senza l’obbligo della divisa, che potesse decodificare le logiche perverse dei “pezzi da novanta”, nonché di infiltrarsi tra loro;
  • Primo a ideare l’attuale F.B.I, nata più tardi.

ONORIFICENZE:

L’onorevole Mario Cuomo, governatore della New York degli anni ‘80, nell’occasione del 125° anniversario della nascita di Joe Petrosino e nel giorno in cui il celebre investigatore indossò per la prima volta la divisa da poliziotto (19 ottobre 1883), istituì il “giorno Petrosino” negli Stati Uniti, il 19 ottobre 1985, che ancora viene celebrato.

A Palermo, nel 1909, gli venne concessa una Medaglia d’oro al merito civile: “Poliziotto coraggioso e determinato, impegnato in una difficile missione per scoprire i legami tra mafia siciliana e quella di New York, veniva trucidato con quattro colpi di pistola esplosigli alle spalle da un ignoto sicario in un vile agguato. Fulgido esempio di elette virtù civiche ed elevato spirito di servizio, spinti sino all’estremo sacrificio“.

Fulvio Sanfilippo VE