Alla ricerca della normalità

“Il 2020 sarà il nostro anno!”. É questo ciò che abbiamo pensato mentre, la notte di Capodanno, brindavamo, ci abbracciavamo e ci baciavamo. Quella notte, contando con emozione i secondi che mancavano al fatidico anno, non avremmo mai potuto immaginare ciò che sarebbero diventate le nostre vite. Disperazione, pianti, canzoni dal balcone, urla di “andrà tutto bene”. Queste tre parole erano le uniche che, durante i tre mesi “rinchiusi” in casa, ci davano un minimo di speranza. Anche se ormai, nessuno ci crede più.

É quasi passato un anno da quando sono iniziati i contagi di questo virus che ha letteralmente fermato il mondo, ed ecco che rischiamo un altro lockdown. Ma, stavolta, nemmeno il più forte di noi riuscirà a resistere altri mesi chiuso in casa potendo solo sognare un ritorno alla normalità. Prima, un abbraccio dei nonni ci dava fastidio, un bacio dei genitori ci imbarazzava, uscire con gli amici ci “scocciava”, una giornata a scuola ci annoiava. Prima, speravamo addirittura di stare male pur di non andare a scuola. Ora, invece, chiediamo solo di riabbracciare i nostri nonni e non staccarci più, di tornare a ridere e scherzare con i nostri amici, di sedere fra i banchi della nostra amata “prigione”. Ora, sono le piccole cose quelle che ci mancano di più. Ora, ci vengono i brividi a pensare che, 10 mesi fa, avremmo pagato oro pur di passare un’intera settimana a casa.

Questo spiega perché in estate, appena i casi sono diminuiti, ci siamo dati alla pazza gioia. E naturalmente, dopo aver assaporato due mesi di quasi normalità, ecco che arrivano le conseguenze. Sono ricominciate le video lezioni, tutti abbiamo riacceso quel computer che non vedevamo da giugno: e siamo già stanchi. Com’è terribile vedere i nostri compagni, i nostri professori, i nostri amici attraverso uno schermo. Non poter osservare il loro sguardo, le loro espressioni e le loro reazioni quando parli. E pensare che la nostra generazione ruota attorno alla tecnologia: in fin dei conti, le videochiamate, le ore passate davanti al cellulare sono state la nostra quotidianità, eppure non riusciamo ad abituarci a questa nuova realtà. Non possiamo quindi immaginare cosa provino i nostri genitori e ancor di più i nostri nonni guardando il proprio caro su uno schermo, quando, alla nostra età, tutto ciò nemmeno lo sognavano.

Ma noi siamo forti e non ci faremo abbattere da un nemico senza volto: non gli permetteremo di rovinarci gli anni più belli della nostra vita.

Francesca Celeani I A