25 Novembre

È violenza picchiarla, colpirla, mutilarla.
È violenza umiliare, offendere, avvilire.
È violenza intimorire, minacciare.
È violenza l’imposizione di pratiche sessuali indesiderate.
È violenza la privazione della libertà.
È violenza insultare, offendere, ingiuriare.
È violenza la molestia verbale, la denigrazione.
È violenza il controllo maniacale.


L’amore può essere fragile, sbagliato, triste, ma mai violento.

Oggi è il 25 novembre, la giornata Nazionale contro la violenza sulle donne, ed oggi più che mai ogni donna deve fare valere i suoi diritti e dire fermamente BASTA, basta alle violenze fisiche, basta alle violenze psicologiche e basta alle violenze sessuali. Una gonna corta NON è un consenso, un rossetto rosso NON è un consenso, una scollatura troppo azzardata NON è un consenso.

Noi siamo libere di vestirci come vogliamo e andare in giro anche da sole, senza la paura di essere molestate, seguite, stuprate o violentate. Ci sono infiniti modi per farci un complimento e sicuramente i fischi e le battutine non sono tra quelli apprezzati.

Quante notizie sentiamo al telegiornale di donne, picchiate, rapite, uccise e addirittura squagliate con l’acido? E quando sentiamo queste terribili notizie, guarda caso i titoli degli articoli di giornali tendono sempre a specificare informazioni che NON sono necessarie al fine dei fatti e NON danno nessuna giustificazione.


“Che cosa stava indossando?” “Il marito era molto geloso!” “Lei lo tradiva” “Avevano questo modo di fare entrambi”.

Ci sarebbero purtroppo mille storie e mille esperienze da raccontare. La più recente è quella della modella 18enne stuprata consecutivamente per 20 ore in una festa nell’attico in Duomo. Quasi in fin di vita ed ignara di quello che le sarebbe successo quando andava ad una festa di un ricco imprenditore, che brutalmente si sarebbe approfittato di lei.

Ma a cosa ci serve questo 25 novembre? Perché mai non è festeggiato come il 19 novembre? Cosa possiamo fare noi? Dobbiamo prima di tutto rispettarci e farci rispettare, in futuro dovremo insegnare alle nostre figlie e specialmente ai nostri figli ad essere FEMMINISTE e FEMMINISTI. Questo termine non pone in primo piano o in risalto la figura femminile ma mette sullo stesso piano i due generi.

Quando una donna avrà pari retribuzione, pari rispetto, pari diritti e pari dignità sociale, allora e solo allora potremmo essere contenti e contente di quello per cui stiamo combattendo.

Non abbassiamo la testa, combattiamo, ogni giorno di più e non solo il 25 novembre.

Francesca Grassia II E, Agata Di Prima III D